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Alberto Moravia - Il conformista

PARTE SECONDA / CAPITOLO QUINTO (cont.)
Questa domanda fece ridere la donna : « Ma si capisce... è un luogo pubblico... una piccola sala da ballo... tenuta da una donna di gusti particolari, molto intelligente del resto, ma ci va chiunque vuole andarci... non è mica un convento... ». Rideva a piccole scosse, guardando Giulia; poi soggiunse con vivacità : « Ma se non le piace, possiamo andare in un altro luogo... meno originale, però».
« No », disse Giulia, « andiamoci pure... mi incuriosisce ».
« Delle disgraziate », disse il professore genericamente. Si levò in piedi : « Caro Clerici, voglio dirle che mi ha fatto molto piacere vederla e ancor più mi farà piacere cenare stasera con sua moglie e con lei... parleremo... lei ha sempre gli stessi sentimenti e le stesse idee di allora? »
Marcello rispose con calma: «Non mi occupo di politica... ».
«Tanto meglio, tanto meglio». Il professore gli prese la mano e stringendola tra le sue, soggiunse: « Allora possiamo forse sperare di conquistarla », in tono dolce, accorato e struggente come un prete che parli ad un ateo. Si portò la mano al petto, in direzione del cuore e Marcello potè vedere con stupore che, nei grossi occhi tondi e sporgenti, un luccicore di pianto sviava e rendeva implorante lo sguardo. Poi, come a nascondere questa sua commozione, Quadri andò in fretta a salutare Giulia e usci dicendo : « Mia moglie si metterà d’accordo con voi, per stasera ».
La porta si chiuse e Marcello, un po’ impacciato, sedette in una poltrona, davanti al divano sul quale stavano le due donne. Adesso, partito Quadri, l’ostilità della moglie gli sembrava evidente. Ella ostentava di ignorare la sua presenza e di parlare soltanto a Giulia : « E lei ha già veduto i negozi di mode, le sarte, le modiste?... Rue de la Paix, il Faubourg Saint Honoré, Avenue de Matignon ? »
« Veramente », disse Giulia con l’aria di chi udisse per la prima volta quei nomi, « veramente no ».
«Le piacerebbe vedere quelle strade, entrare in qualche negozio, visitare qualche casa di mode?... Le assicuro che è molto interessante », continuò la signora Quadri con una affabilità insistente, insinuante, avvolgente, protettiva.
« Ah, si, certo ». Giulia guardò il marito e poi soggiunse: «Vorrei anche comprare qualche cosa... un cappello, per esempio».
«Vuole che ve la porti io? » propose la donna giungendo alla conclusione obbligata di tutte quelle domande, « conosco bene alcune case di moda... potrei anche darle qualche consiglio ».
« Magari », disse Giulia con malsicura gratitudine.
« Vogliamo andarci oggi, questo pomeriggio, tra un’ora? Lei permette, non è vero, che le porti via sua moglie per qualche ora ? » ; queste ultime parole furono rivolte a Marcello, ma con un tono assai diverso da quello adottato con Giulia : sbrigativo, quasi sprezzante. Marcello trasalì e rispose: «S’intende... se a Giulia fa piacere».
Gli parve di capire che la moglie avrebbe preferito sottrarsi alla tutela della signora Quadri; almeno a giudicare dallo sguardo interrogativo che ella gli rivolse; e si accorse di risponderle, a sua volta, con uno sguardo che le ordinava di accettare. Ma subito dopo si domandò: lo faccio perché questa donna mi piace e voglio rivederla; oppure lo faccio perché sono in missione e non mi conviene di scontentarla ? Gli parve improvvisamente molto angoscioso di non sapere se facesse le cose perché gli piaceva farle o perché convenivano ai suoi piani. Intanto Giulia obbiettava: «Veramente, pensavo di andare un momento all’albergo... »
Ma l’altra non la lasciò finire. « Lei vuol rinfrescarsi un poco prima di uscire? Fare un po’ di toletta?... Ma non è necessario che vada fino all’albergo... se vuole può anche riposare qui, sul mio letto... so come è affaticante, quando si viaggia, girare tutto il giorno, senza un sol momento di sosta, soprattutto per noi donne... venga... venga con me, cara». Prima che Giulia avesse potuto fiatare, ella l’aveva già costretta ad alzarsi dal divano; e ora la spingeva dolcemente ma fermamente verso la porta. Sulla soglia, quasi a rassicurarla, le disse in tono agrodolce:
« Suo marito l’aspetterà qui... non abbia paura, non lo perderà » ; poi, cingendole la vita con un braccio, l’attirò nel corridoio e chiuse la porta.
Rimasto solo, Marcello si levò di scatto in piedi e mosse qualche passo per la sala. Gli pareva chiaro che la donna nutriva contro di lui un’avversione irriducibile e avrebbe voluto conoscerne il motivo. Ma, a questo punto, i suoi sentimenti diventavano confusi: da un lato l’addolorava l’ostilità di una persona come quella da cui avrebbe voluto, invece, essere amato; dall'altro l’idea che ella sapesse la verità sull’esser suo, lo preoccupava perché in tal caso la missione oltre che difficile, diventava anche pericolosa. Ma ciò che lo faceva soffrire di più, forse, era di sentire come queste due diverse inquietudini si confondessero e lui non fosse quasi più capace di distinguere l’una dall’altra; quella dell’amante che si vede respinto da quella dell’agente segreto che si teme scoperto. D’altra parte, come comprese con un rigurgito dell’antica malinconia, anche se fosse riuscito a dissipare l’ostilità della donna, sarebbe poi stato costretto, una volta di più, a mettere i rapporti che potevano seguirne al servizio della missione. Come quando aveva proposto al Ministero di abbinare il viaggio di nozze all’incarico politico. Come sempre.
Alle sue spalle, la porta si apri e la signora Quadri rientrò. Si avvicinò al tavolo e disse : « Sua moglie era molto stanca e credo che si sia assopita sul mio letto... più tardi usciremo insieme ».
« Questo vuol dire », disse Marcello con calma, « che lei mi manda via ».
« Oh Dio mio, no », ella rispose in tono freddo e mondano, « ma io ho molto da fare... il professore anche... lei sarebbe costretto a rimanere solo qui nel salotto... ce di meglio da fare per lei, a Parigi».
« Mi scusi », disse Marcello mettendo le due mani sulla spalliera di una poltrona e guardandola, « ma mi sembra che lei mi sia ostile... non è cosi? »
Ella rispose subito, con precipitosa intrepidezza: « E la stupisce ? »
« Veramente si », disse Marcello, « non ci conosciamo affatto, oggi è la prima volta che ci vediamo... »
« Io la conosco benissimo », ella l’interruppe, « anche se lei non conosce me».
« Ci siamo », pensò Marcello. Si accorse che l’ostilità della donna, confermata ormai in maniera indubitabile, destava nel suo cuore un dolore acuto, quasi da gridarne. Sospirò, angosciato, c disse piano : « Ah lei mi conosce? »
« Si », ella rispose, gli occhi scintillanti di luce aggressiva, « so che lei è un funzionario della polizia, una spia pagata del suo governo... si stupisce adesso che le sia ostile?... Non so gli altri, ma io non ho mai potuto soffrire les mouchards, le spie », soggiunse traducendo dal francese con una cortesia insultante.
Marcello abbassò gli occhi, tacendo per un momento. La sua sofferenza era acuta, il disprezzo della donna era come un ferro sottile che gli frugasse senza pietà in una ferita aperta. Disse finalmente: «E suo marito lo sa? »
« Ma certamente », ella rispose con un suo ingiurioso stupore, « come può pensare che lui non lo sappia?... È stato lui a dirmelo».
« Ah, sono bene informati », non potè fare a meno di pensare Marcello. Riprese in tono ragionevole:
« Perche allora ci avete ricevuti ? Non sarebbe stato più semplice rifiutare di riceverci? »
« Io infatti non avrei voluto », ella disse, « ma mio marito è diverso... mio marito è una specie di santo... crede ancora che la bontà sia il miglior sistema».
« Un santo molto furbo », avrebbe voluto rispondere Marcello. Ma gli venne in mente che era proprio cosi: i santi dovevano essere stati tutti molto furbi; e tacque. Soggiunse : « Mi dispiace che lei mi sia cosi ostile... perché... lei mi è molto simpatica ».
« Grazie, la sua simpatia mi fa orrore ».
Marcello ebbe, più tardi, a domandarsi che cosa gli fosse successo in quel momento: come un abbagliamento che pareva partire dalla fronte luminosa della donna; e al tempo stesso un impulso profondo, violento, possente, mescolato di turbamento e di disperato affetto. Si accorse ad un tratto che era presso la signora Quadri, che le girava un braccio intorno la vita, che l’attirava, che le diceva a voce bassa: « E anche perché lei mi piace molto ».
Stretta contro di lui in modo che Marcello poteva sentire la tenerezza gonfia del petto di lei palpitare contro il suo, ella lo guardò un momento interdetta; quindi : « Ah perfetto », gridò con voce stridula e trionfante, « perfetto... in viaggio di nozze e tuttavia pronto a tradire sua moglie... perfetto». Fece un gesto furioso per liberarsi dal braccio di Marcello aggiungendo : « Mi lasci... o chiamo mio marito ». Marcello subito la lasciò; ma la donna, trasportata dal suo impulso ostile, si rivoltò contro di lui, come se egli l’avesse ancora trattenuta, e lo schiaffeggiò sulla guancia.
Ella sembrò pentirsi subito del suo gesto. Andò alla finestra, guardò un momento di fuori e poi, voltandosi, disse bruscamente: «Mi scusi». Ma parve a Marcello che ella non fosse tanto pentita quanto timorosa dell’effetto che poteva produrre lo schiaffo. C’era, come pensò, più calcolo e buona volontà che rimorso nel tono restio e ancora malevolo della sua voce. Egli disse con decisione : « Ora non mi resta davvero che andarmene... la prego di avvertire mia moglie e di farla venire qui... e ci scuserà con suo marito per stasera... gli dirà che mi ero dimenticato di avere un altro impegno». Questa volta, pensò, era proprio finita; e anche la missione, nonché il suo amore per la donna, era compromessa.
Fece per ritirarsi fuori dal cammino che ella doveva percorrere per andare alla porta. La vide, invece, guardarlo fissamente un istante, fare con la bocca una smorfia di scontento capriccioso, e poi venirgli incontro. Marcello notò che nei suoi occhi si era accesa una fiamma torbida e decisa. Giunta a un passo da lui, ella alzò lentamente un braccio, e, di lontano, portò la mano alla guancia di Marcello e disse : « No, non se ne vada... anche lei mi piace molto... se sono stata cosi violenta, ciò si deve appunto al fatto che lei mi piace... non se ne vada e dimentichi quanto è avvenuto». Intanto, con la mano, gli faceva una lenta carezza tutt’intorno la guancia, con un gesto goffo ma sicuro, pieno di volontà imperiosa, quasi a toglierne il bruciore recente dello schiaffo.
Marcello la guardava, guardava alla sua fronte, e sotto lo sguardo di lei, al contatto un po’ ruvido della mano maschile, sentiva con stupore, poiché era la prima volta in vita sua che lo provava, un turbamento profondo, commosso, pieno di affetto e di speranza, gonfiargli il petto, impedirgli il respiro. Ella gli stava davanti, il braccio teso, carezzandolo, ed egli, in un solo sguardo, ebbe il senso della sua bellezza come di qualche cosa che gli era destinata da sempre, quasi una vocazione della sua vita intera: e capi di averla amata sempre, prima di quel giorno, anche prima di quando l’aveva presentita nella donna di S. Si, pensò, questo era il sentimento d’amore che avrebbe dovuto nutrire per Giulia se l’avesse amata; e che invece provava per questa donna che non conosceva. Poi si mosse verso di lei, le braccia tese e fece per abbracciarla. Ma la donna si svincolò subito seppure in una maniera che gli parve affettuosa e complice; e mettendosi un dito sulle labbra mormorò: «Adesso vattene... ci vediamo stasera ». Prim’ancora che Marcello potesse rendersene conto, ella l’aveva fatto uscire dal salotto, l’aveva spinto nel vestibolo, aveva aperto la porta. Poi la porta si chiuse e Marcello si ritrovò solo sul pianerottolo.
 
Alberto Moravia
Il conformista