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Schede di grammatica italiana
N 2


NOMINALIZZAZIONE

La nominalizzazione è la trasformazione in >>>nome di un >>>predicato verbale o di un >>>aggettivo. Si tratta di un caso particolare di derivazione (>>>derivate, parole). 

Per quanto riguarda i verbi, la nominalizzazione si realizza soprattutto con l’aggiunta di >>>suffissi come -mento, -zione, -sione e -tura

pagare> pagamento

produrre> produzione

comprendere> comprensione

lucidare> lucidatura

ma può avvenire anche in assenza di suffissi, come nei sostantivi deverbali detti derivati a >>>suffissi zero

scorporare> scorporo 

bloccare> blocco

bonificare> bonifica

Per il passaggio da aggettivo a nome la nominalizzazione si realizza con l’aggiunta di suffissi come -ismo o -ista

bipolare> bipolarismo

reale> realista.

 

USI 

La nominalizzazione è molto frequente nel linguaggio burocratico, scientifico e in generale nei linguaggi tecnici e settoriali per il carattere impersonale e astratto che l’uso del nome al posto del verbo conferisce alla scrittura

- Agli importi così ottenuti devono essere applicate le percentuali di scorporo dell’IVA per la determinazione dell’imponibile (Il manuale del commercialista)

- una serie di membrane in ordine decrescente di grado di filtrazione, le quali permettono la rimozione progressiva delle particelle (A. Polesello, S. Guenzi, S. Polesello, Attrezzature e kit per il laboratorio chimico e biologico).

 

 

NOMI PRIVI DEL PLURALE vedi DIFETTIVI, NOMI

 

 

NOMI PRIVI DEL SINGOLARE vedi DIFETTIVI, NOMI

 

 

NONCHÉ O NON CHE?

Alle diverse grafie di questa >>>congiunzione corrispondono ruoli grammaticali e significati in parte sovrapponibili, in parte diversi. 

• Nonché, con >>>univerbazione e accento, può avere:

~ il valore di ‘non solo, non solo non’, di solito in correlazione con una congiunzione >>>avversativa. È un uso prevalentemente letterario ma ancora vivo nei registri sostenuti

- dovevano essere, nonché incomprensibili, ma neppur concepibili (L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio  operatore

~ il valore di ‘oltre che’

- Dati alla mano, lo conferma Paolo Stratta, fondatore nonché direttore della Scuola Cirko Vertigo («La Repubblica»)

~ il valore, sviluppato più recentemente e molto diffuso nella lingua comune, di ‘e anche, e inoltre’

- A moderare l’incontro con l’autrice ci sarà Giampaolo Simi, giornalista e scrittore viareggino, nonché Alessandro Scarpellini, narratore e poeta pisano (www.angologiro.org)

Non che, con grafia separata, può avere il valore di ‘non solo, non solo non’, di solito in correlazione con una congiunzione avversativa; è un uso prevalentemente letterario, oggi molto raro

- Nulla speranza li conforta mai, / Non che di posa, ma di minor pena (D. Alighieri, Inferno)

Soprattutto nel parlato, non che, sempre con grafia separata, non ha il valore di congiunzione ma è un’ellissi per indicare la frase non è che. Si adopera soprattutto all’inizio di periodo o di frase, in correlazione con una congiunzione avversativa

- Non che non ne fossi convinto, ma volevo che fosse lui a darmene le prove.

 

 

NONOSTANTE O NONOSTANTE CHE?

La scelta dipende dalla funzione con cui nonostante è usato.

• Quando ha valore di >>>preposizione, introduce un complemento concessivo e si usa senza il che

- Sono andato a correre nonostante il caldo

• Quando ha valore di >>>congiunzione, introduce proposizioni >>>concessive esplicite e si può usare con o senza che

- Il Circolo dei ferrovieri, nonostante fosse presidiato da guardie di P.S., è stato devastato (A. Camilleri, Privo di titolo)

- e questo nonostante che dopo la terribile strage dell’anno scorso a Beslan la regione fosse stata affidata ad uno dei più stretti collaboratori di Putin («La Repubblica»).

 

USI 

Come congiunzione, nonostante che è considerata la forma più corretta rispetto al semplice nonostante. Nell’uso contemporaneo, tuttavia, la forma con che è percepita come eccessivamente formale; in alcuni casi, può essere persino percepita come errata perché accostata a forme con il che rafforzativo, come quando che e siccome che.

 

 

AGGETTIVI NUMERALI

Gli aggettivi numerali forniscono informazioni sulla quantità del nome a cui si riferiscono.

Si possono dividere in varie tipologie.

Aggettivi numerali >>>cardinali, che corrispondono alla serie dei numeri

due, ventinove, centoquattro

Sono invariabili, a eccezione di uno, che possiede anche il femminile (una)

quaranta giorni > quaranta biglie

un giocattolo> una scatola

Aggettivi numerali >>>ordinali, che indicano il posto di una cosa o di una persona in una serie ordinata

secondo, ventinovesimo, centoquattresimo

Sono variabili in genere e numero

il decimo posto > la decima puntata

il secondo tavolo> i secondi classificati

la prima volta> i primi freddi

• Aggettivi numerali moltiplicativi, che indicano di quante volte una quantità è maggiore rispetto a un’altra

doppio, centuplo, triplice

Sono variabili in genere e numero. Pur essendo infiniti, di solito si usano solo quelli corrispondenti ai numeri più bassi (da 1 a 4)

una spesa doppia 

parcheggiata in tripla fila 

mi costerà il quadruplo

mentre per misure superiori si tende a ricorrere a una perifrasi

una cifra cinque volte maggiore

costa dieci volte tanto

• Aggettivi numerali frazionari, che indicano una o più parti di un tutto

tre quarti, un ottavo, cinque millesimi

Sono composti da un numerale cardinale, che esprime la parte, e da un ordinale, che esprime il tutto

due (cardinale) terzi (ordinale) della popolazione

Anche mezzo è un numerale frazionale

una bottiglia d’acqua da mezzo litro

Dagli aggettivi numerali cardinali e ordinali derivano, attraverso l’aggiunta di un >>>suffisso, i sostantivi e gli aggettivi numerativi

venti> ventina (‘serie di venti unità’)

quaranta > quarantenne (‘che ha quarant’anni di età’)

nove> novenario (‘verso di nove sillabe’).

 

VEDI ANCHE   

aggettivi

 

 

NUMERI ROMANI

Il sistema numerico usato nell’antica Roma, con una rappresentazione grafica dei numeri diversa da quella araba oggi comunemente usata, si conserva solo in alcuni casi, sempre per indicare aggettivi numerali >>>ordinali.

• Per la numerazione dei secoli; il numero può essere collocato sia prima, sia dopo il nome

- il XXI secolo

- il secolo XIX

• Accanto al nome di pontefici e sovrani

- la regina Elisabetta II del Regno Unito

- Papa Leone XIII

• Per indicare i paragrafi di un testo, i capitoli di un libro e le classi di un corso di studi

- Il compito in classe sarà sui capitoli II e III del manuale

- L’alunno Battaglia della III C è stato sospeso per due settimane.

 

USI 

In contesti più formali e di registro elevato i numeri romani (III, IV) tendono a essere preferiti alla corrispondente forma espressa in numeri arabi (3o, 4o).

In quanto usati per esprimere numerali ordinali, i numeri romani non hanno bisogno di essere accompagnati dalla letterina in esponente come i numeri arabi. Tuttavia, nell’uso comune, si possono incontrare numeri romani seguiti dall’esponente

- Carlo è arrivato IIIo (= terzo) alla corsa campestre

- IIIa (= terza) mostra mercato Toptoys (www.modellismo.net).

 

 

NUTRO O NUTRISCO?

Sono corrette entrambe le forme, anche se la forma con l’>>>interfisso -isc- nell’uso contemporaneo è molto meno comune

- questo Sacro Ordine, – provò a insistere, – per il quale nutro una ammirazione sconfinata! (I. Calvino, Il cavaliere inesistente)

- perché non mi rifugio lassù solo, e non mi nutrisco di erbe, di carne rubata, libero come i banditi? (G. Deledda, Canne al vento)

Solo in alcuni modi (indicativo e congiuntivo presente, imperativo) e in alcune persone (1a, 2a, 3a persone singolari e 3a plurale) la coniugazione del verbo nutrire presenta una doppia forma

PERSONA  INDICATIVO, PRESENTE CONGIUNTIVO, PRESENTE IMPERATIVO

io

nutro

/

nutrisco

nutra

/

nutrisca

 

tu

nutri

/

nutrisci

nutra

/

nutrisca

nutri / nutrisci

lui/lei

nutre

/

nutrisce

nutra

/

nutrisca

 

loro

nutrono

/

nutriscono

nutrano

/

nutriscano

 

 

In tutti gli altri casi, il verbo nutrire presenta solo la forma senza l’interfisso -isc-.

 

VEDI ANCHE   

incoativi, verbi