Schede di grammatica italiana
D 7


CONGIUNZIONI DICHIARATIVE

Le congiunzioni dichiarative (dette anche esplicative) sono congiunzioni coordinative (o subordinative) e hanno la funzione di introdurre una frase che spiega, illustra, chiarisce quello che è stato detto nella proposizione precedente. 

Le congiunzioni coordinative più frequenti sono cioè, ossia, ovvero, ovverosia, infatti, difatti

La situazione è critica, cioè molto difficile

Il nostro migliore amico, ovvero il cane

In funzione coordinativa si usano anche le locuzioni congiuntive vale a dire, per essere precisi, in altre parole, in altri termini

È un sistema friendly, vale a dire amichevole

Luigi è spacciato, in altre parole finito

In funzione subordinativa, invece, si usa anche la congiunzione che

Questo mi dispiace: che hai mollato.

 

USI 

A partire dagli anni Settanta e Ottanta si osserva un massiccio uso della congiunzione cioè nel parlato informale e colloquiale (giovanile e non); spesso a questa congiunzione non viene assegnato un vero valore esplicativo, bensì la funzione di semplice intercalare, privo di un significato riconoscibile. 

Questo buffo aspetto è stato reso famoso da alcuni personaggi del regista e attore Carlo Verdone, che infarciscono i loro discorsi di cioè, e dal libro di Luca Goldoni, intitolato proprio Cioè. Ancora oggi viene usato per caratterizzare un certo tipo di linguaggio

Francesca era una tipa carina della scuola; cioè, erano anche stati insieme (E. Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo).

 

 

PROPOSIZIONI DICHIARATIVE

Nell’analisi del periodo, le proposizioni dichiarative (dette anche esplicative) sono proposizioni coordinate (o subordinate) che servono a spiegare o a precisare il contenuto della principale. 

Le proposizioni dichiarative sono introdotte dalle congiunzioni dichiarative cioè, ossia, ovvero, ovverosia, infatti, difatti e dalle locuzioni congiuntive vale a dire, per essere precisi, in altre parole, in altri termini

Vado da mia madre, cioè vado a rilassarmi 

Continua a dire cose strane: in altre parole, è impazzito

Le proposizioni dichiarative subordinate si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.

1. In forma esplicita spiegano un elemento della principale (spesso rappresentato da pronomi o aggettivi dimostrativi o indefiniti o dall’avverbio così), sono introdotte dalla congiunzione che, e presentano il verbo all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale

Da tempo mi ero accorto di questa cosa: che eri un tifoso sfegatato

Aspettavamo solo questo, che il concerto del Boss cominciasse 

Sarebbe andata così: che ti saresti ferito

2. In forma implicita, invece, sono introdotte dai due punti o da di e presentano il verbo all’infinito

Questo sarebbe giusto: aiutare i più sfortunati

Di una cosa mi pento, di non aver installato l’antivirus.

 

DUBBI 

Qualche dubbio può sorgere riguardo alla punteggiatura da usare prima di una proposizione dichiarativa.

Quasi sempre la proposizione subordinata introdotta da che è preceduta dai due punti

Ho notato questo fatto: che sei miope

La coordinata introdotta da cioè o e cioè è invece preceduta dalla virgola

Questo vorrei, e cioè che fossi più attento.

 

VEDI ANCHE   

punteggiatura

 

 

DI, DI’ O DÌ?

Si tratta di tre omonimi

Di è la preposizione semplice

Mario è di Genova

Di’ è la 2a persona singolare dell’imperativo del verbo dire, troncamento di dici

Di’ pure quel che pensi

è il sostantivo maschile derivato dal latino diem ‘giorno’, un tempo vivo soprattutto nell’uso letterario

La sera del di festa (G. Leopardi)

ma ormai di uso molto raro e quasi esclusivamente scherzoso

Lo sfottevano notte e dì (www.amicidimariadefilippi.forumcommunity.net).

 

USI 

Oggi la grafia è usata spesso anche come 2a persona singolare dell’imperativo del verbo dire

pure quel che pensi

La grafia si sta diffondendo con una certa larghezza anche per l’uscita dall’uso dell’omografo ‘giorno’, che riduce obiettivamente il rischio di confusione. 

Tuttavia, anche per omogeneità con gli altri imperativi monosillabici (da’, fa’, va’), sarebbe bene usare per l’imperativo del verbo dire solo la forma con l’apostrofo.

 

 

DIEDI O DETTI?

Nell’italiano contemporaneo la forma più frequente del passato remoto del verbo dare è diedi (dal perfetto latino dedi)

 

INDICATIVO, PASSATO REMOTO
io diedi
tu desti
lui/lei diede
noi demmo
voi deste
loro diedero
 

 

Le forme delle 1a e 3a persone singolari e della 3a plurale detti, dette, dettero sono presenti nella tradizione letteraria dei secoli scorsi

Dette a Rinaldo una percossa pazza, / Tanto che cadde (L. Pulci, Morgante)

ma oggi sono in uso solo in Toscana.

 

 

DIETRO O DIETRO A?

Sono corrette entrambe le forme

Dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna

Cercalo dietro quel mobile

• Il costrutto dietro a è l’unico da usare con i verbi di movimento come andare, camminare e correre

Io camminavo dietro a Mario

Corre sempre dietro a suo fratello più grande

• Prima di un pronome personale tonico, la sequenza preferibile è dietro di

Quante briciole restano dietro di noi (L. Ligabue, L’amore conta).

 

USI 

Oggi la forma dietro qualcuno / qualcosa è quella più usata; il tipo dietro a tende a essere sentito come più letterario, legato soprattutto all’italiano scritto del Novecento. 

Anche se oggi è piuttosto diffuso anche l’uso di dietro a

Se spuntasse fuori il sole dietro a te (Stadio, Bella più che mai)

un uso, peraltro, ben attestato già nella lingua letteraria dei secoli scorsi

Vien dietro a me, e lascia dir le genti (D. Alighieri, Purgatorio).

 

 

DIFENSORE / DIFENDITRICE 

I nomi maschili in -sore hanno il femminile in -itrice e un cambiamento nella radice, che termina in -d

difensore> difenditrice

possessore> posseditrice

ma professore fa professoressa, incisore fa incisora.

Alcuni nomi, accanto alla forma in -itrice, hanno quella di registro popolare, dunque sconsigliata, in -sora

difensora, possessora.

 

VEDI ANCHE   

femminile dei nomi

 

 

NOMI DIFETTIVI

Sul modello della categoria dei verbi difettivi, si considerano difettivi (cioè ‘mancanti’) alcuni nomi usati soltanto o prevalentemente al plurale (dunque difettivi del singolare) oppure soltanto o prevalentemente al singolare (difettivi del plurale). 

• Tra i difettivi del singolare si considerano di solito:

- nomi che indicano oggetti formati da due o più elementi

i pantaloni, i calzoni, gli occhiali, le forbici, le redini, le manette, le bretelle, le cesoie

- nomi che si riferiscono a una pluralità

le stoviglie, i dintorni, le vicinanze, le spezie, le vettovaglie, le masserizie, le viscere, i viveri, le percosse, i bronchi, le assise

- nomi di uso letterario, che già in latino avevano soltanto il plurale

le idi, le calende, le none, le ferie, i fasti, gli annali, i posteri, le nozze, le tenebre

• Tra i nomi difettivi del plurale:

- molti nomi astratti

la pazienza, il coraggio, la superbia, l’amore

- nomi che indicano oggetti o cose uniche in natura

l’Equatore, il nord, il sud, l’Oriente

- nomi di malattia

il tifo, la malaria, il vaiolo, l’Aids, il morbillo

- nomi che indicano un prodotto alimentare

il cioccolato, il pane, il miele, il riso

- nomi collettivi di uso consolidato

la gente, la prole, la roba, il fogliame

- i nomi di elementi chimici e metalli

l’idrogeno, l’uranio, il mercurio, il ferro

- i nomi dei mesi

aprile, maggio, giugno

Molti nomi difettivi presentano in realtà anche la forma mancante, con varie sfumature di significato. 

• I nomi che indicano vestiti o oggetti dell’abbigliamento (pantaloni, calzoni, occhiali) spesso sono usati al singolare per riferirsi a un ‘singolo paio’, ‘un singolo modello’

Ho solo un pantalone

Quell’occhiale le sta proprio bene

Nel parlato e nello scritto di livello colloquiale oggi è molto diffuso (di solito con uso ironico) anche il singolare mutanda

Ci sono quelli che come per i jeans, fanno vedere la mutanda di marca (www.it.answers.yahoo.com)

La bretella, invece, si usa quasi soltanto con il significato diverso di ‘raccordo, collegamento’

Completato il consolidamento della bretella autostradale (www.gazzettadelsud.it)

Forbice si usa spesso al singolare, specie nell’espressione colpo di forbice e con il significato figurato di ‘distanza, differenza, scarto’

Passami quella forbice!

Zac non è il colpo di forbice / del sarto zoppo (G. Parise, Poesie)

Btp-Bund, la forbice torna ad allargarsi (www.corriere.it)

• Accanto alla forma le assise (‘assemblea giudiziale’), si usano anche le forme la assise, le assisi, soprattutto con il significato generico di ‘riunione’

L’assise di Enna, così come quella di Fiuggi, sarà aperta ai contributi esterni (www.siciliainformazioni.com)

un percorso condiviso che porti il partito alle celebrazioni delle assisi congressuali (www.strill.it)

• Al plurale i nomi dei metalli indicano gli oggetti realizzati con quel materiale

gli ori della cattedrale, gli argenti della famiglia, gli ottoni dell’orchestra, i ferri del mestiere

• I nomi astratti e i nomi dei prodotti alimentari, usati al plurale, indicano il genere specifico

gli amori di George Clooney, i cioccolati del Belgio, i risi del Pavese 

La gente ha il plurale le genti, ‘popoli, nazioni’, di uso ormai poetico

le genti / del bel paese là dove ’l sì suona (D. Alighieri, Inferno)

Genti diverse venute dall’Est (F. De André, Il testamento di Tito).

 

VEDI ANCHE   

collettivi, nomi