Schede di grammatica italiana
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CONGIUNZIONI DICHIARATIVE
Le congiunzioni dichiarative (dette anche esplicative) sono congiunzioni coordinative (o subordinative) e hanno la funzione di introdurre una frase che spiega, illustra, chiarisce quello che è stato detto nella proposizione precedente.
Le congiunzioni coordinative più frequenti sono cioè, ossia, ovvero, ovverosia, infatti, difatti
La situazione è critica, cioè molto difficile
Il nostro migliore amico, ovvero il cane
In funzione coordinativa si usano anche le locuzioni congiuntive vale a dire, per essere precisi, in altre parole, in altri termini
È un sistema friendly, vale a dire amichevole
Luigi è spacciato, in altre parole finito
In funzione subordinativa, invece, si usa anche la congiunzione che
Questo mi dispiace: che hai mollato.
USI
A partire dagli anni Settanta e Ottanta si osserva un massiccio uso della congiunzione cioè nel parlato informale e colloquiale (giovanile e non); spesso a questa congiunzione non viene assegnato un vero valore esplicativo, bensì la funzione di semplice intercalare, privo di un significato riconoscibile.
Questo buffo aspetto è stato reso famoso da alcuni personaggi del regista e attore Carlo Verdone, che infarciscono i loro discorsi di cioè, e dal libro di Luca Goldoni, intitolato proprio Cioè. Ancora oggi viene usato per caratterizzare un certo tipo di linguaggio
Francesca era una tipa carina della scuola; cioè, erano anche stati insieme (E. Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo).
PROPOSIZIONI DICHIARATIVE
Nell’analisi del periodo, le proposizioni dichiarative (dette anche esplicative) sono proposizioni coordinate (o subordinate) che servono a spiegare o a precisare il contenuto della principale.
Le proposizioni dichiarative sono introdotte dalle congiunzioni dichiarative cioè, ossia, ovvero, ovverosia, infatti, difatti e dalle locuzioni congiuntive vale a dire, per essere precisi, in altre parole, in altri termini
Vado da mia madre, cioè vado a rilassarmi
Continua a dire cose strane: in altre parole, è impazzito
Le proposizioni dichiarative subordinate si costruiscono in maniera diversa a seconda che siano esplicite o implicite.
1. In forma esplicita spiegano un elemento della principale (spesso rappresentato da pronomi o aggettivi dimostrativi o indefiniti o dall’avverbio così), sono introdotte dalla congiunzione che, e presentano il verbo all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale
Da tempo mi ero accorto di questa cosa: che eri un tifoso sfegatato
Aspettavamo solo questo, che il concerto del Boss cominciasse
Sarebbe andata così: che ti saresti ferito
2. In forma implicita, invece, sono introdotte dai due punti o da di e presentano il verbo all’infinito
Questo sarebbe giusto: aiutare i più sfortunati
Di una cosa mi pento, di non aver installato l’antivirus.
DUBBI
Qualche dubbio può sorgere riguardo alla punteggiatura da usare prima di una proposizione dichiarativa.
Quasi sempre la proposizione subordinata introdotta da che è preceduta dai due punti
Ho notato questo fatto: che sei miope
La coordinata introdotta da cioè o e cioè è invece preceduta dalla virgola
Questo vorrei, e cioè che fossi più attento.
VEDI ANCHE
punteggiatura
DI, DI’ O DÌ?
Si tratta di tre omonimi.
• Di è la preposizione semplice
Mario è di Genova
• Di’ è la 2a persona singolare dell’imperativo del verbo dire, troncamento di dici
Di’ pure quel che pensi
• Dì è il sostantivo maschile derivato dal latino diem ‘giorno’, un tempo vivo soprattutto nell’uso letterario
La sera del dì di festa (G. Leopardi)
ma ormai di uso molto raro e quasi esclusivamente scherzoso
Lo sfottevano notte e dì (www.amicidimariadefilippi.forumcommunity.net).
USI
Oggi la grafia dì è usata spesso anche come 2a persona singolare dell’imperativo del verbo dire
Dì pure quel che pensi
La grafia si sta diffondendo con una certa larghezza anche per l’uscita dall’uso dell’omografo dì ‘giorno’, che riduce obiettivamente il rischio di confusione.
Tuttavia, anche per omogeneità con gli altri imperativi monosillabici (da’, fa’, va’), sarebbe bene usare per l’imperativo del verbo dire solo la forma con l’apostrofo.
DIEDI O DETTI?
Nell’italiano contemporaneo la forma più frequente del passato remoto del verbo dare è diedi (dal perfetto latino dedi)
INDICATIVO, PASSATO REMOTO
io diedi
tu desti
lui/lei diede
noi demmo
voi deste
loro diedero
Le forme delle 1a e 3a persone singolari e della 3a plurale detti, dette, dettero sono presenti nella tradizione letteraria dei secoli scorsi
Dette a Rinaldo una percossa pazza, / Tanto che cadde (L. Pulci, Morgante)
ma oggi sono in uso solo in Toscana.
DIETRO O DIETRO A?
Sono corrette entrambe le forme
Dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna
Cercalo dietro quel mobile
• Il costrutto dietro a è l’unico da usare con i verbi di movimento come andare, camminare e correre
Io camminavo dietro a Mario
Corre sempre dietro a suo fratello più grande
• Prima di un pronome personale tonico, la sequenza preferibile è dietro di
Quante briciole restano dietro di noi (L. Ligabue, L’amore conta).
USI
Oggi la forma dietro qualcuno / qualcosa è quella più usata; il tipo dietro a tende a essere sentito come più letterario, legato soprattutto all’italiano scritto del Novecento.
Anche se oggi è piuttosto diffuso anche l’uso di dietro a
Se spuntasse fuori il sole dietro a te (Stadio, Bella più che mai)
un uso, peraltro, ben attestato già nella lingua letteraria dei secoli scorsi
Vien dietro a me, e lascia dir le genti (D. Alighieri, Purgatorio).
DIFENSORE / DIFENDITRICE
I nomi maschili in -sore hanno il femminile in -itrice e un cambiamento nella radice, che termina in -d
difensore> difenditrice
possessore> posseditrice
ma professore fa professoressa, incisore fa incisora.
Alcuni nomi, accanto alla forma in -itrice, hanno quella di registro popolare, dunque sconsigliata, in -sora
difensora, possessora.
VEDI ANCHE
femminile dei nomi
NOMI DIFETTIVI
Sul modello della categoria dei verbi difettivi, si considerano difettivi (cioè ‘mancanti’) alcuni nomi usati soltanto o prevalentemente al plurale (dunque difettivi del singolare) oppure soltanto o prevalentemente al singolare (difettivi del plurale).
• Tra i difettivi del singolare si considerano di solito:
- nomi che indicano oggetti formati da due o più elementi
i pantaloni, i calzoni, gli occhiali, le forbici, le redini, le manette, le bretelle, le cesoie
- nomi che si riferiscono a una pluralità
le stoviglie, i dintorni, le vicinanze, le spezie, le vettovaglie, le masserizie, le viscere, i viveri, le percosse, i bronchi, le assise
- nomi di uso letterario, che già in latino avevano soltanto il plurale
le idi, le calende, le none, le ferie, i fasti, gli annali, i posteri, le nozze, le tenebre
• Tra i nomi difettivi del plurale:
- molti nomi astratti
la pazienza, il coraggio, la superbia, l’amore
- nomi che indicano oggetti o cose uniche in natura
l’Equatore, il nord, il sud, l’Oriente
- nomi di malattia
il tifo, la malaria, il vaiolo, l’Aids, il morbillo
- nomi che indicano un prodotto alimentare
il cioccolato, il pane, il miele, il riso
- nomi collettivi di uso consolidato
la gente, la prole, la roba, il fogliame
- i nomi di elementi chimici e metalli
l’idrogeno, l’uranio, il mercurio, il ferro
- i nomi dei mesi
aprile, maggio, giugno
Molti nomi difettivi presentano in realtà anche la forma mancante, con varie sfumature di significato.
• I nomi che indicano vestiti o oggetti dell’abbigliamento (pantaloni, calzoni, occhiali) spesso sono usati al singolare per riferirsi a un ‘singolo paio’, ‘un singolo modello’
Ho solo un pantalone
Quell’occhiale le sta proprio bene
Nel parlato e nello scritto di livello colloquiale oggi è molto diffuso (di solito con uso ironico) anche il singolare mutanda
Ci sono quelli che come per i jeans, fanno vedere la mutanda di marca (www.it.answers.yahoo.com)
La bretella, invece, si usa quasi soltanto con il significato diverso di ‘raccordo, collegamento’
Completato il consolidamento della bretella autostradale (www.gazzettadelsud.it)
• Forbice si usa spesso al singolare, specie nell’espressione colpo di forbice e con il significato figurato di ‘distanza, differenza, scarto’
Passami quella forbice!
Zac non è il colpo di forbice / del sarto zoppo (G. Parise, Poesie)
Btp-Bund, la forbice torna ad allargarsi (www.corriere.it)
• Accanto alla forma le assise (‘assemblea giudiziale’), si usano anche le forme la assise, le assisi, soprattutto con il significato generico di ‘riunione’
L’assise di Enna, così come quella di Fiuggi, sarà aperta ai contributi esterni (www.siciliainformazioni.com)
un percorso condiviso che porti il partito alle celebrazioni delle assisi congressuali (www.strill.it)
• Al plurale i nomi dei metalli indicano gli oggetti realizzati con quel materiale
gli ori della cattedrale, gli argenti della famiglia, gli ottoni dell’orchestra, i ferri del mestiere
• I nomi astratti e i nomi dei prodotti alimentari, usati al plurale, indicano il genere specifico
gli amori di George Clooney, i cioccolati del Belgio, i risi del Pavese
• La gente ha il plurale le genti, ‘popoli, nazioni’, di uso ormai poetico
le genti / del bel paese là dove ’l sì suona (D. Alighieri, Inferno)
Genti diverse venute dall’Est (F. De André, Il testamento di Tito).
VEDI ANCHE
collettivi, nomi