Schede di grammatica italiana
C 3
C’ENTRA O CENTRA?
Nel significato di ‘ha attinenza, ha a che fare con qualcuno o qualcosa’, la grafia corretta è c’entra
Questo tavolo non c’entra niente con il resto dell’arredamento
Infatti, sia pure in un uso figurato, si tratta di una voce del verbo entrare preceduta da ci in funzione di avverbio di luogo, che davanti a vocale è soggetto a elisione (ci entra > c’entra)
Vedi quella casa? Chi c’entra per primo ha vinto
Questa grafia vale per tutte le voci del verbo in cui si ricreano le stesse condizioni
Che c’entro io con questa gente?
Quella cosa che hai detto non c’entrava per niente
Non vale invece per l’infinito, il gerundio e il participio, in cui ci segue la voce verbale
Ha detto di non entrarci nulla
Non entrandoci affatto con il tema, quella frase andava tolta
Centra, senza apostrofo, è invece una forma del verbo centrare (‘colpire il bersaglio’, anche in senso figurato); quindi esiste nella nostra lingua, ma ha un significato diverso
L’Inter centra il grande slam.
CE O CIE, GE O GIE, SCE O SCIE?
Ci sono casi in cui, nella grafia, si usa una i superflua, che non solo non si pronuncia, ma non ha neanche la funzione di determinare la corretta pronuncia della lettera o dei gruppi di lettere precedenti.
• In alcune parole la i è il residuo di un’antica pronuncia
cieco (accecare o acciecare?)
cielo (anche per distinguerla dall’omofona celo ‘nascondo’)
• In alcuni plurali dei nomi in -cia e -gia, la i si conserva per influenza della grafia del singolare
camicie, valigie
• In alcune parole la i si mantiene per influenza della grafia latina
specie, fattispecie, effigie, superficie
In casi come questi non esiste una regola sicura: l’unico modo per non sbagliare è consultare il vocabolario. Per orientarsi, si può ricordare che:
- generalmente la i superflua non si trova in una sillaba non accentata (tra le poche eccezioni: scienziato e coscienzioso)
- la i invece tende a rimanere nella grafia delle parole in -ciente e -cienza, -ciere e -ciera, -giera
cosciente, deficiente, efficiente, prospiciente, sufficiente (ma facente)
coscienza, deficienza, efficienza, scienza, sufficienza
artificiere, lanciere, paciere, pasticciere, usciere
cartucciera, crociera
formaggiera, gorgiera, raggiera.
USI
Le pronunce ciéco, ciélo e simili, che mettono in evidenza la i, sono frequenti nel parlato meridionale, ma sono errate. La i, infatti, è bene ribadirlo, è superflua dal punto di vista del suono e non va resa nella pronuncia.
In generale, la i superflua non è ammessa in sillaba non accentata (tranne qualche caso: scienziato, coscienzioso; d’altra parte: *pasticcieria, *leggierezza ecc.) e tende a sparire rispetto a un secolo fa, quando erano ancora diffuse grafie come messaggiero e passeggiero, oggi non più accettabili.
CERVELLI O CERVELLA?
La parola cervello ha due plurali.
• Il plurale maschile cervelli ha gli stessi usi del singolare, anche figurati
Le scoperte dei ricercatori italiani all’estero: un effetto della fuga di cervelli
Cervelli elettronici dotati di una memoria straordinaria
• La forma femminile cervella, invece, indica specificamente ‘la materia di cui si compone il cervello’. Si usa soprattutto in espressioni idiomatiche
farsi saltare le cervella (= uccidersi con un colpo d’arma da fuoco alla testa)
Inoltre, specie in alcune regioni, è usato in riferimento al cervello degli animali macellati e alle specialità gastronomiche che se ne ricavano
cervella d’agnello
un piatto di cervella fritte.
VEDI ANCHE
plurali doppi
plurale dei nomi
CHE, COSA O CHE COSA?
Tutte e tre le forme del pronome interrogativo cosiddetto ‘neutro’ sono corrette e ampiamente diffuse nell’italiano contemporaneo nelle proposizioni interrogative sia dirette, sia indirette
Che / cosa / che cosa mi volevi dire?
Non mi ricordo più di che / di cosa / di che cosa ti volevo parlare
Cosa appare oggi la forma più comune in tutti i livelli dello scritto e del parlato, ma non ha affatto scalzato dall’uso le più tradizionali che e che cosa.
STORIA
La forma che nella storia dell’italiano si è affermata più tardi è stata proprio cosa, considerata dai grammatici una forma da evitarsi. La fortuna di cosa è cominciata alla metà dell’Ottocento, quando Manzoni – seguendo il modello del fiorentino parlato dalle persone colte – corresse in cosa i che cosa usati nella prima edizione dei Promessi sposi.
CHE O CUI?
Nei complementi indiretti, il pronome relativo che di regola viene sostituito dalla forma obliqua
il viaggio di cui ti ho parlato
l’agenzia a cui si è affidato
il punto da cui sono partiti
la città in cui abbiamo vissuto
le persone con cui abbiamo viaggiato
l’aereo su cui abbiamo volato
il motivo per cui abbiamo litigato
le possibilità tra cui abbiamo scelto
Cui è sempre preceduto da preposizione, tranne nel caso del complemento di termine, in cui la a è facoltativa
l’agenzia a cui si è affidato / l’agenzia cui si è affidato.
USI
Nel parlato informale non è raro sentire l’uso di che anche per i complementi indiretti (il cosiddetto che indeclinato), con o senza ripresa tramite un pronome atono (personali, pronomi)
Alberto è uno che (= di cui) ti puoi fidare
La carta che (= con cui) ci si fanno i giornali.
STORIA
Nei testi antichi non è raro trovare che al posto di cui
Questo è il diavolo di che io t’ho parlato (G. Boccaccio, Decameron).
VEDI ANCHE
relativi, pronomi
CHE O IL QUALE?
In funzione di soggetto e ancor più di complemento oggetto, la forma composta del pronome relativo il quale risulta oggi meno frequente e più formale di che
Ho incontrato un passante che mi ha aiutato a portare le borse
Ho incontrato un passante il quale mi ha aiutato a portare le borse
Come complemento indiretto, invece, il tipo preposizione articolata + quale appare altrettanto comune del tipo preposizione semplice + cui
il funzionario al quale / a cui ho parlato
il film del quale / di cui mi dicevi ieri
Ma le due forme non si possono considerare intercambiabili:
• quando la proposizione relativa aggiunge un’informazione supplementare (relativa esplicativa) si possono usare sia che, sia il quale
I bambini, che / i quali avevano mangiato il gelato, non poterono fare il bagno (tutti i bambini di cui si parla hanno mangiato il gelato)
• quando invece la proposizione relativa determina il nome a cui si riferisce distinguendolo in modo univoco da un insieme più ampio di persone, animali o cose (relativa restrittiva), si può usare solo che
I bambini che hanno mangiato il gelato non possono fare il bagno, tutti gli altri sì! (non I bambini i quali hanno mangiato il gelato)
• le forme dei / delle quali sono invece le uniche possibili quando seguano un numerale cardinale o un pronome indefinito che sono parte della stessa proposizione relativa
C’erano sei agenti, tre dei quali in borghese
Ho fatto un sacco di proposte, alcune delle quali sono state accettate.
VEDI ANCHE
relativi, pronomi
CHE O QUALE?
Quando hanno la funzione di aggettivi interrogativi, sia che, sia il quale sono forme corrette.
Oggi nelle proposizioni interrogative dirette, l’uso di che è forse più frequente rispetto a quello di quale
Che libro stai leggendo?
Quale vino vuole per accompagnare il pesce?
Nelle interrogative indirette, i due aggettivi sembrano essere usati più o meno con la stessa frequenza
Mi piacerebbe sapere che sogni fai (G. Grignani, Mi piacerebbe sapere)
E quali santi pregare per quali amori morire (L. Barbarossa, Dove si va si va).